Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1926, XXIII.djvu/294

290 ATTO SECONDO
Sicchè possa recare all’uopo vostro

Convenevol sollievo. Una capanna,
Un rozzo saio, affumicato pane,
Acqua pura del fonte e poche erbette
Offerirvi poss’io. Se ciò vi basta,
L’arbitro voi ne siete.
D. Giovanni.   Ah sì, mia bella,
Voi ben potete alleggerir miei mali.
Non ricuso l’offerta, e sarò grato
Più di quel che pensate.
Elisa.   A voi non offro
Per desio di mercè lo scarso aiuto.
Pietà in me desta il naturale istinto
Di giovare agli oppressi, e il tratto vostro,
Che fra i disastri il nobil cuor non cela,
Tutto m’impegna ad offerirvi quanto
Dalla mia povertà mi fia concesso.
D. Giovanni. (Atta mi sembra a compensar costei
Ogni perdita mia. La sua bellezza
Val più di quanto i masnadier m’han tolto).
Elisa. Che parlate fra voi? Sdegnate forse
I miei poveri doni?
D. Giovanni.   Ah no, gli apprezzo
Quanto la stessa vita. Un maggior bene
Anzi spero da voi.
Elisa.   S’è in mio potere,
Negar non lo saprò.
D. Giovanni.   Del vostro cuore
Il prezioso dono.
Elisa.   E che fareste
Del mio povero cuor?
D. Giovanni.   Vorrei riporlo,
Cara, nel seno mio.
Elisa.   Mal si conviene
Ad un nobile sen rustico cuore.