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si pensa almeno alle carezzevoli note musicali, e si cantano involontariamente i versetti dolci e malinconici sospirati da qualche Eurilla od Irminda dei dì lontani: “Gualtiero Vago sei, volto amoroso; - Ma ti affligge un non so che. - Dillo a me per tuo riposo: - Quell’affanno, e che cos’è? Costanza Sento anch’io nel mio contento, - Che mi affligge un non so che. - S’io nol so, che pur lo sento, - Chi può dir, che cosa egli è?” (a. I, sc. 9). Oppure: “Griselda Care selve, a voi ritorno - Sventurata pastorella. - Quello è pure il patrio monte; - Questa è pur l’amica fonte; - E sol io non son più quella” (a. II, sc. 5). Per la storia è da notare un leggero tentativo di satira dei rilassati vincoli coniugali che il giovane Goldoni, sulla traccia dello Zeno, osa introdurre nella sc. 6 dell’atto I e nella sc. 7 del III. Io credo che i signori mariti veneziani battessero con vero trasporto le mani al grande esempio dell’eroica fedeltà di Griselda.
Dice bene il Bonfanti: “Nè, per la Griselda, il Goldoni e lo Zeno eran atti a rendere veramente poetica quella dolcissima figura di donna; non avevano ali da giungere a tanta altezza” (La donna di garbo, Noto, 1899, p. 40. - E strano che Mario Penna nel suo Noviziato di C. Goldoni, Torino, 1925, ricordasse appena la Griselda a pag. 34). Ma difficilissima da rappresentarsi anche nella novella, quasi impossibile riusciva sulle tavole del palcoscenico, sebbene tante volte vi si provassero letterati e musicisti. A proposito della nuova Griselda di Hauptmann ricordò G. Caprin (nel Marzocco, 14 marzo 1909) l’antico mistero francese, Grisèlidis, nel secolo decimoquarto, e in Ispagna l’Esemplo de casadas y prueva de la paciencia di Lope, e in Inghilterra la Pleasant comedy of patient Grissil di Dekker (1603), e in Germania, nell’ottocento, Gustavo Schwab e Achim von Arnim. Ma ecco, per esempio, fra noi La Griselda del Boccaccio, tragicomedia morale di Paolo Mazza, edita a Bologna nel 1620, dove Gianucole, padre di Griselda, e il servo Panurgo e il dottor Timeo parlano il dialetto bolognese (vedasi O. Trebbi, Contributo alla storia del teatro bolognese del sec. XVII, estratto dagli Atti e memorie della R. Deputaz. di Storia Patria per le Romagne, Bologna, 1926, pp. 17-24); ed ecco un’altra Griselda tragicomica nel 1630, di Ascanio Massimo da Saluzzo (v. Allacci, Drammaturgia)’, ecco nel 1752 a Napoli la Griselda di Antonio Palomba (v. le opere di Scherillo e di Croce); ecco la musica fortunatissima del Paër (Parma, camev. del 1783; poesia di Ang. Anelli, col titolo La virtù in cimento, ossia la Griselda. A Milano si continuava a recitare nel 1799, nel 1805, nel 1815: v. L. Romani, Teatro alla Scala, cronologia di tutti gli spettacoli, Milano, 1862) e del Piccinni (Venezia, autunno del 1793; poesia di Anelli) e di Guglielmi figlio (Firenze, carnev. 1795-96; poesia del noto ab. Gaetano Sertor: Fr. Piovano, in Rivista Musicale Italiana, anno XVI, 1909, fase. 2, pp. 261-2). Una Griselda, forse nel 1794, fu compilata o ridotta dal De Gamerra a Vienna (Masi, Sulla storia del teatro ital. del sec. XVIII studi, 1891, p. 343, n. 4). E in Francia, prima del Goldoni, ricordiamo la Griselde, ou la Princesse de Saluces, commedia di 5 atti in versi, della signora Saintonge, rappresentata e stampata nel 1714, a Digione (v. Dictionnaire portatif des théâtres, di Léris, Parigi, 1754; e altri).
Del resto se i Veneziani approvarono nell’autunno del 1735 il nuovo saggio drammatico del Goldoni, se il buon successo della Griselda fu quasi pari a quello del Belisario (vol. I, p. 116), meglio così: contento l’autore;