Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
254 | ATTO TERZO |
Più mia non sei; ma di mia fede eterna
Prendi la destra in pegno.
Oronta. Amata destra!
(si prendono per mano
E perderti dovrò?
Griselda. Seguite pure.
Non temete di me, son cieca e sorda.
Oronta. Crudelissimo fato!
Roberto. Empio destino!
Griselda. (Ecco il Re: non si sdegna? che vuol dire
Questa sua stupidezza? Io noi comprendo), (da sè
SCENA IX.
Gualtiero, Corrado; poi Ottone, guardie e popolo; poi Everardo e detti.
Griselda. Altro non manca,
Che il sovrano tuo impero.
Gualtiero. Impaziente
È l’amor mio.
Griselda. Anco Griselda amasti.
Gualtiero. La sua viltà le chiare fiamme estinse.
Griselda. Per la nuova tua sposa ardano eterne.
Non pretender però, Signor, da lei
Della mia tolleranza i rari esempi.
Io, che vil donna in dura sorte avvezza,
Non ho il sangue reale, io soffrir posso.
Ma lei, figlia di Re tra gli agi avvezza,
Mal potrebbe soffrir l’onte e i disprezzi.
Oronta. (Oh bontade!) (da sè
Roberto. (Oh virtude!)
Gualtiero. (Il cor mi spezza).
Corrado. Che più chiedi, o Signor? (piano a Gualtiero