Griselda. (E dovrò dirlo?)
(da sè
Gualtiero. Esponi.
Griselda. Non m’astringer, ti prego, invitto Sire,
A ridir ciò che vidi.
Gualtiero. E che vedesti?
Parli Oronta. Tu taci? Almen Roberto
Sciolga il labbro. Che fia? Roberto ancora
Riman confuso, e tace?
Griselda. In quel silenzio
Comprendi il suo delitto.
Gualtiero. E fia capace
Di delitti quel cor?
Griselda. Sovente inganna
La modestia del volto, in quella guisa
Che tra i fiori del prato il serpe inganna.
Gualtiero. Ma qual è la sua colpa?
Griselda. Ah, che non posso
Più tacerla, o Signor. Roberto e Oronta
Vivon riamati amanti, e quivi io stessa
Testé gl’intesi a ragionar d’amore.
Gualtiero. E perciò ti sdegnasti?
Griselda. Ancor riserbo
Zelo dell’onor tuo.
Gualtiero. Mostri che nata
Sei fra boschi, o vil donna. E che? Ti trassi
Dalla capanna tua, perchè tu vegli
Sugli affari reali? Eh ti rammenta,
Ch’altra è la regia sposa, e che sei serva.
Oblia qual fosti, e le tue leggi adempì.
Griselda. Ma quel zelo, o Signore...
Gualtiero. Io non tel chiedo.
Griselda. Il rispetto...
Gualtiero. Lo devi alla mia sposa.
Griselda. Ma se pell’onor tuo...
Gualtiero. Ma chi ti elesse