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LA GRISELDA 243
Griselda.   E che far deggio?

Imponimi, o Signor, sarò ubbidiente,
Fuor che al cenno crudel di non amarti.
Gualtiero. L'ora già s’avvicina, in cui degg’io
Meco guidar la nuova sposa al trono;
Tu le pompe disponi, e direttrice
Sollecita de’ servi il folto stuolo.
Sovvengati quel giorno, in cui tu stessa
Salisti all’alto grado, e fa che sia
L’apparato maggior, quanto la sposa
È maggiore di te.
Griselda.   M’avanza Oronta
In fortuna, in beltà, ma non in fede.
Gualtiero. Che diresti perciò?
Griselda.   Che quale io fui,
Sempre fida sarò: che i cenni tuoi
Eseguiti saran.
Gualtiero.   Ma ciò non basta:
Vanne dalla mia sposa; a lei favella
Del sincero amor mio, dille che udisti
Questi del labbro mio sensi amorosi.
Tu sei l’anima mia, tu sola puoi
Donar pace al mio cor. Nel tuo bel volto
Miro l’astro che regge il mio destino.
Idolo mio, se mi vedessi il cuore,
Ti farebbe pietà.
Griselda.   Gualtier, favelli
Meco così?
Gualtiero.   Parlo ad Oronta.
Ti sdegni forse?
Griselda.   M’ingannai; ma siegui,
Che l’inganno m’offende, e pur mi piace.
Gualtiero. Dille per me così: Sposa adorata,
Giuro pria di morir, che non amarti.
Troppo, oh Dio, mi piacesti; e troppo io sono