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240 | ATTO TERZO |
SCENA II.
Ottone e detto.
Umile inchino il mio Monarca.
Gualtiero. Ottone,
Pensa pria di parlar, che confessato
È minore il delitto; un reo che niega,
Nuovo fallo commette, e contumace
Per la sua falsità viepiù si rende.
Il vero esponi, e all’ardir tuo prometto
Più facile il perdon.
Ottone. Non sa mentire
D’Ottone il labbro.
Gualtiero. Di rapir Griselda,
Dimmi, poc’anzi ardisti?
Ottone. È ver, tu stesso
Lo vedesti, o Signor.
Gualtiero. Dove condurla
Destinavi rapita?
Ottone. In altra parte
Lungi da questi lidi, ove non fosse
In tua mano il ritorla.
Gualtiero. Ed a qual fine?
Ottone. Sire, pietà, perdon... (s’inginocchia
Gualtiero. Sorgi, e favella.
Ottone. Quando in trono tua sposa e mia regina
Sedea Griselda, io la mirai co’ sguardi
Di vassallo, e non più. Sa il ciel se mai
Meditò stranamente il mio pensiero.
Dal suo ripudio e da’ suoi mali in seno
Pietà mi nacque, e poi successe amore.
Gualtiero. (Che sento!) Ami Griselda?
Ottone. Amor fu solo,
Che a rapirla m’indusse. E che non puote