Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1926, XXIII.djvu/220

218 ATTO SECONDO
I casi tuoi. Che mai t’avvenne? E morto

Forse il Re tuo marito? Alfin la morte
È il termine comun; morrai tu ancora,
Io pur morrò (che il ciel mi guardi!).
Griselda.   Oh come
L’intrepidezza tua lieta mi rende!
Padre, vive Gualtier; ma non più mio.
Non son io più Regina; e trono, e scettro,
E sposo, e figlio, e quant’avea di bene,
Tutto, tutto perdei.
Artrando.   Per qual cagione?
Griselda. Mi repudia Gualtier.
Artrando.   Repudia? Io poco
Questo termine intendo.
Griselda.   Ei mi dichiara
Del suo talamo indegna, e scioglie il nodo
Coniugale fra noi.
Artrando.   Come può farsi?
Chi fu l’autor di questa legge iniqua?
Griselda. Il popol di Tessaglia.
Artrando.   È al popol suo
Soggetto il Re? Dunque son io felice,
Nella mia libertà, più d’un Monarca.
Ma dimmi, qual azion indegna e vile
Ti meritò un tal sfregio?
Griselda.   Ah genitore!
Così parli a tua figlia? Ella tu credi
D’azion indegna, e di viltà capace?
Artrando. Perchè dunque scacciarti?
Griselda.   I miei natali
Mossero a sdegno i cuor superbi.
Artrando.   E questa
È la cagion, per cui Gualtiero adesso
T’allontana da sè?
Griselda.   Questa, e non altra.