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20 ATTO PRIMO
Belisario. Signor, la tua pietà (che tal è quella

Ch’or giustizia tu chiami) aver m’affida
Grazia da te, che umil ti chiedo in dono.
Perdona l’ardir mio, se troppo abusa...
Giustiniano. Belisario, non più; chiedi, ed avrai,
Impegno la mia fè, ciò che più brami.
Belisario. La libertade di Filippo io chiedo.
Giustiniano. Ah! pensa che costar cara non t’abbia
Cotesta tua pietà.
Belisario.   Soffrir non deggio
Veder per mia cagion penar fra ceppi
Il principe d’Antiochia, di Teodora
Nipote illustre, e di valor ripieno.
Giustiniano. Sì degno intercessor colui non merta.
Si disciolga Filippo. Tu, Narsete,
Gli dà l’annunzio, e di’ che riconosca
La libertà da Belisario, e apprenda
Come san vendicarsi i veri eroi.
Narsete. Ad uffizio sì bello io lieto volo.
Sempre mai generoso il suo bel core
Sa trionfar de’ più superbi ancora.
In eterno vivrà, chè nomi tali
Vivono sempre nell’altrui memoria. (parte

SCENA IV.

Giustiniano, Belisario e guardie.

Belisario. Molto, signor, ti deggio, e se abbastanza

Dirlo il labbro non sa, l’intende il core.
Giustiniano. Tutto conviensi a chi donai me stesso.
Ora, se non ti è grave, il fier cimento
Narrami, e come a fin trar tu potesti
La gloriosa e memoranda impresa;
Come i Persi fur vinti, e come il loro
Superbo re dal trono suo balzasti.