Bella e gentil! Credimi, ancor tu stessa
L’ameresti, o Griselda.
Griselda. E amarla io deggio;
Ciò che piace al tuo affetto, è caro al mio.
Gualtiero. Nel suo ritratto appunto, ora solingo
Vagheggiava quel bel che m’ha trafitto.
Griselda. (Che tormento!) Signor, la gloria tua
Anzi reca conforto al mio dolore.
Gualtiero. Vedi s’io mento. (le dà il ritratto
Griselda. Oh numi, e quai sembianze!
Qual volto!
Gualtiero. Che ti sembra?
Griselda. Io veggo in essa
Una copia di te. Ne’ suoi bei lumi
I tuoi lumi vegg’io; se non che questi
Sembran esser de’ tuoi meno severi.
Su questa fronte la tua fronte io veggo,
Men turbata però questa di quella;
E nel volto di lei ravviso il tuo,
Non però, come il tuo, troppo crudele.
Or sì t’assolvo, e ti perdono affatto
L’incostanza del cor: merta ben ella
Di Gualtiero gli affetti, e non doveva
L’infelice Griselda il tuo bel core
Usurpar a colei che n’è più degna.
Gualtiero. Dunque vaga ti sembra? (togliendole il ritratto
Griselda. È a te simile.
Gualtiero. Godrò seco felice?
Griselda. Il ciel ti dia
Lunga età, fausto regno; i cari figli
Ti vezzeggino intorno; e almeno in tanto
Lieto destin sovvengati talvolta
Della misera tua fedel Griselda.
Gualtiero. (Resisti, o cor!) Altro dirai?
Griselda. Che serbi