Scema le grazie tue. Basta al mio fasto
Del tuo affetto l’onor; d’altro non curo.
Giustiniano. Se obbligarmi volevi a non premiarti,
Con minore virtù parlar dovevi:
Che quanto umile più, più ne sei degno.
Or se le preci mie valer non ponno,
Vagliati un mio comando. Il trono ascendi.
Belisario. Ad un priego sì dolce, ad un comando
Sì risoluto io piego umil la fronte.
(ascende il Irono alla sinistra di Giustiniano
Giustiniano. Oh! egualmente glorioso e quando il merto,
E quando il premio ad acquistar ti accingi!
Narsete. (Oh giusto Imperator!) (da sè
Filippo. (Cesare ingiusto!) (da sè
Giustiniano. Miei fedeli vassalli, ecco colui
Che tanti soggiogò regnanti e regni.
Quel che i trionfi suoi conta dal pari
Colle battaglie; del mio trono augusto
Difensor valoroso e forte scudo.
Colui... Ma che più dico? A voi già noti
Sono i suoi pregi, e già la vostra fede
Impegnaste per lui col giuramento.
Or s’adempia, fedeli. Io lo dichiaro
Cesare e meco per compagno il prendo.
Non fia che al mio voler oggi s’opponga
Chi ’ngrato esser non vuol, empio e spergiuro.
Filippo. (Ed io giurai? Che feci?) (da sè
Narsete. È a Belisario
L’onor dovuto. Il popolo l’approva,
E del gaudio comun io t’assicuro.
Giustiniano. E Filippo non parla?
Filippo. È troppo ingiusto,
Cesare, il tuo voler. Io, che in le vene
Scorrer mi sento regio sangue, io devo
Uno che sol fortuna ha per suo pregio,