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196 ATTO PRIMO
Ottone. Sposo...

Griselda.   Che meco resta,
Lontano ancor, nell’alma mia scolpito.
Ottone. Eh non lasciarti da rivale indegna
Usurpar tanti beni. Un sol tuo sguardo
Dà tempra a questo ferro, ed un sol colpo
Troncherà i tuoi perigli; e tu nol curi?
Griselda. Taci, vile che sei; non sa Griselda
Col prezzo d’una colpa amar grandezza.
Più mi cal di mia fè, che di qual’altro
Dono di cieca sorte. Apprendi, indegno,
Da me quella virtù che non conosci.
Serba fè al tuo sovrano, in quella guisa
Ch’io la serbo al mio sposo; e sta sicuro,
Che per la via di tradimento o inganno,
Non si giunge ad aver che biasmo e infamia. (parte
Ottone. Troppo avvezza Griselda al regio fasto,
Or adito non lascia a’ miei sospiri.
Ma deposto il diadema, anco con esso
Deporrà la fierezza, e tra le selve
Avrà forse pietà del mio cordoglio.
Io con questa speranza il facil volgo
Commossi a detestarla, e sol per farla
Capace del mio amor le tolsi il trono.
Perdonami, Gualtier, se tuo malgrado
Del tuo bell’imeneo disciolgo i lacci;
Tu, Griselda, perdona; il tuo bel volto
Mi rese amante, e il tuo rigor mi rende
Per affetto tiranno. Io la mia pace
Senza l’acquisto tuo sperar non posso,
Nè ti posso acquistar, se non t’offendo. (parte