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190 ATTO PRIMO
I popoli vassalli. Erano i miei

Ornamenti più rari i fior del prato.
Tu di serto regal cingevi il crine.
Vuoi di più? Sull’erbetta all’ombra estiva
Sedea nel bosco ad altre ninfe appresso.
Tu dal trono le leggi altrui dettavi.
Io misera, tu Re; vile Griselda,
D’alta stirpe Gualtier. Tal fummo allora
Che me vedesti, e ch’io te vidi, o Sire.
Tu fissando però le regie luci
Nell’innocente incolto mio sembiante,
Non sdegnasti d’amarmi, ed io volgendo
Alla regia maestade il guardo umile,
T’adorai rispettosa. Ecco il principio
Del nostro amor. Popoli, udiste? A voi
Sembra strano che un Re tanto discenda?
Che una donna volgar tanto s’innalzi?
E tu, signor, forse ti penti adesso
D’aver fatta tua sposa una tua serva?
Tace il Re! Voi tacete! Ed a qual fine,
Sire, me qui chiamasti? E perchè adesso
Risaper ciò voleste? Io non m’ascondo:
Dissi quale già fui, senza rimorso.
Godo d’esser qual son1, ma senza orgoglio,
E qual fui tornerei senza rossore.
Gualtiero. (Oh virtù senza pari!) E in tale stato
Non t’abbagliò della corona altera
Il sublime splendor?
Griselda.   Reca spavento
Il diadema reale a’ scellerati,
Ma gl’innocenti il suo fulgor consola.
Gualtiero. Dunque dal bosco al trono mio salisti?
Griselda. E fu bontà di te, signor, cui piacque
Una che amavi sollevar dal fondo

  1. Nel testo: sono.