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ROSMONDA 173

SCENA V.

Rosmonda e detti.

Rosmonda. Alerico morrà, ma si conceda

Alla figlia vederlo anche una volta.
Germondo. A che vieni, Rosmonda? A pianger mesta
Dell’ostinato genitor il fine?
Alerico. Ah se mi vieni a funestar col pianto,
Non conosci il mio duolo, o non lo curi.
Rosmonda. Padre, a renderti vengo quella vita
Che tu donasti a me; se la mia morte
Desiar tu mostrasti, anzi col ferro
Per mia cagion tu procurasti invano,
Giusto è che, pria del tuo morir, tu vegga
Spirar la figlia tua l’ultimo fiato.
Padre, io voglio morire, anzi lo deggio
Per compiacerti: aspro velen possente
Già succhiai colle labbra. Entro al mio seno
Chiusa è la morte, e mi rimane appena
Qualche istante di vita.
Germondo.   (Ahimè! che sento!)
Alerico. Oh figlia di me degna!
Rosmonda.   Alfin, Germondo,
Potrò dirti ch’io t’amo. Allora il dico
Ch’al padre mio, ch’al mio german non posso
Con l’amarti spiacer; s’io passo a morte,
Perdona al mio rigor; scorda l’ingrato
Labbro che ti oltraggiò. Conobbi assai
L’amor tuo, la tua fè; ma non potea
Senza oltraggio del padre esserti grata.
Deh, per pietà, di questo sol ti prego
Nanzi la morte mia. Tu, padre amato,
Perdona al tuo nemico: e tu, Germondo,
L’onte e l’offese al genitor perdona;