Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1926, XXIII.djvu/152

134 ATTO TERZO
Rimproverar di vergognoso eccesso

L’intrapresa vendetta; indi a Germondo
Ratta volò, tutto scoperse in tempo
Ch’io tratto aveva il traditore al varco.
Alerico. Stelle, e ciò sarà ver? Rosmonda infida
Mi tradisce così? Così m’inganna
Una figlia sleal? Ma quel suo pianto,
Quei frequenti sospiri, e quel sovente
Tremar del mio destino, eran pur segni
Del più tenero affetto. Io pur l’intesi
Ricusar per piacermi e sposo e trono:
Numi, e ciò sarà ver?
Alvida.   Miser, tu credi
Di donna amante ai finti detti e al pianto
Speri tu che la figlia antepor voglia
L’amor del padre al dolce amor di sposo
Se di ciò ti lusinghi, è folle inganno.
Odia in te l’empia donna il suo rimorso,
La tua morte desia; quel pianto istesso
Che di figlia credesti umil rispetto,
Fu di tenera amante accorto inganno.
Misero genitor...
Alerico.   Ah! taci, io sento
Svellermi dalle furie il cor squarciato.
Stelle, che colpo è questo? Io non credea
Che tant’oltre giungesse il rio destino.
Fra le tante sventure un sol conforto
Rimaneami in Rosmonda, ed or l’indegna
Il rossor aggiungendo a’ miei martiri,
All’estremo condusse il mio cordoglio.
Per te, barbara figlia, il più infelice
Della terra son io. Crude catene,
Or comincio a sentire il vostro peso,
Or che voi mi vietate il trar dal seno
D’una perfida figlia il sangue infame.