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114 ATTO SECONDO
Pianser, non so se per dolore o sdegno.

Or ritorno in me stessa, or l’ira mia
Contro di te riprendo, e la tua morte
Seguo a bramar. Ma un traditore, un empio
Non dee con l’innocente aver comune
Lo strumento di morte. Ascondi il brando,
Serbalo per trofeo di tua fierezza.
Altro ferro, altra morte, altro ministro
Devesi al tuo delitto, e spero in breve
Lieta mirar la debita vendetta.
La mia virtude ancor tu non conosci.
(Voi comprendete il mio dolore, o Numi).
(da sè, parte

SCENA VII.

Germondo, poi Alvida.

Germondo. E chi intender potria gli strani effetti

Del suo cor, del suo labbro e del suo volto?
Or pietosa or crudele or mesta or fiera,
Ora amante si scopre, ora nemica.
Qual arcano è mai questo? Ah sì, lo veggo;
È confuso il suo cor fra due pensieri
E or l’amante or la figlia in lei favella.
Spera, mio cor, che della figlia alfine
L’amante trionferà.
Alvida.   Pur ti riveggo,
Mio diletto Germondo.
Germondo.   (Ah! l’importuna
Stanca non è di mie ripulse). (da sè
Alvida.   Oh quanto,
Caro, per te soffersi! Oh quanti stenti
Per seguirti incontrai!
Germondo.   Vane fatiche
Per chi sai che non t’ama.