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108 | ATTO PRIMO |
Miglior uso farai di mia pietade. (parte
SCENA V.
Rosmonda sola.
Alfin partì: se più seguia Germondo,
Resister non potea. Numi del cielo,
Scopriste mai co’ vostri eterni lumi
Duolo simile al mio? Dover di figlia,
Tenerezza d’amante, odio ed affetto
Combattono il mio cor; ti amo pur troppo,
Mio diletto Germondo, e se ti chiamo
Nemico, traditor, barbaro, infido,
Lo fo col labbro, ma non mai col core.
Ma il genitor... ma il mio germano ucciso
M’inducono a svenar fiera nel seno
Un affetto innocente! E che direbbe
Gotia, Norvegia, il settentrione, il mondo1
Della mia debolezza? Ah! non fia vero
Che prevalga l’amore al giusto sdegno.
Ombra del mio german che qui t’aggiri,
Sangue del genitor che in sen mi scorri,
Non temete di me; vedrete quanto
Io sia degna di voi. L’età venture
Stupiranno in udir che a tal virtude
Donna sia giunta, e a superar se stessa...
Ma quai gridi? Qual’armi? Oh Dei! non cessa
Il furor de’ nemici! Oh tutelari
Numi di questo Regno, il braccio vostro
Freni l’ardir de’ vincitori audaci! (parte
- ↑ Così nel testo.