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IL GENIO BUONO E IL GENIO CATTIVO 91

Arlecchino. Obblìgatissimo alle so grazie, (non si accorge della burla)

Palissot. E vi rendiamo quella giustizia ch’egli vi rende, (ironica)

Arlecchino. Effetto della so gentilezza. (con cerimonia)

Anzoletto. (Oh che alocco! I lo tol per man, e nol se ne accorze). (da sè)

Arlecchino. Se le gh’ha per mi sta bontà, poderave donca torme la libertà... (si accosta colla sedia)

Palissot. (Alzandosi) Signore, se il vostro talento non vi fa discernere quale stima si fa di voi, non voglio espor d’avvantaggio la mia sofferenza. Madame la Fontaine, andiamo. (parte)

Arlecchino. La favorissa, la senta...

La Fontaine. Signore, per quel ch’io vedo, voi non capite le frasi che hanno del sale, della finezza. Vi parlerò io più chiaro per illuminarvi. Sappiate che le francesi stimano tutti; stimano i forastieri quanto i nazionali medesimi, ma non fanno alcun caso di chi non conosce la politezza. (parte)

SCENA V.

M. Crayon, Anzoletto ed Arlecchino.

Arlecchino. Come? No capisso gnente. La se spiega maggio. (vuol seguitarla)

Crayon. Fermatevi, signore, e se ancor non capite, e se volete una spiegazione più chiara, ve la darò io.

Arlecchino. La me farà grazia.

Crayon. Voi siete italiano. Nel vostro paese non vi è forse quella delicatezza...

Anzoletto. Con so licenza, signor. La me permetta ch’intra anca mi in sto discorso. Per quel che vedo, ella no conosce l’Italia. Son italian anca mi, e son in stato de informarla del mio paese.

Arlecchino. Italian? (ad Anzoletto, con allegria)

Anzoletto. Sior sì, italian. (ad Arlecchino, con serietà)

Arlecchino. De che paese? (come sopra)

Anzoletto. Venezian, patron. (come sopra)

Arlecchino. E mi bergamasco. Patria, patria, cara patria. (come sopra)