Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1923, XXII.djvu/97


IL GENIO BUONO E IL GENIO CATTIVO 89

Palissot. (È poco polito questo signore). (a la Fontaine, ritirandosi con la sedia)

La Fontaine. (È forastiere senz’altro). (a Palissot)

SCENA III.

Anzoletto veneziano, in abito alla francese, e detti.

Anzoletto. (Prende una sedia indietro, si mette a sedere da una parte della scena, tira fuori un libro e legge.)

Arlecchino. La perdoni, madama; no credeva che le signore in franza le fusse cussì rusteghe1.

Palissot. Voi, a quel che vedo, non sapete distinguere la rusticità dall’impolitezza.

La Fontaine. Di qual nazione siete, signore?

Arlecchino. Italian per servirla.

La Fontaine. Di qual paese?

Arlecchino. Romano per obbedirla.

Anzoletto. (Chi diavolo xe sto martuffo2 che vien qua a discreditar la nostra nazion?) (mostra di leggere, ed ascolta)

Arlecchino. E le sappia che le donne italiane no le xe cussì salvadeghe come elle.

Palissot. Si usa nel vostro paese prendersi confidenza con una persona che non si conosce?

Arlecchino. A una persona della mia sorte tutto xe lecito, tutto xe permesso.

La Fontaine. Chi siete voi? Qualche principe?

Arlecchino. No prencipe, ma cavalier. El cavalier Batocchio a so riveriti comandi.

Anzoletto. (El dise che el xe romano, ma al linguaggio el me par venezian). (come sopra)

  1. Di maniere aspre, senza gentilezza: v. specialmente vol. XVIII, p. 17.
  2. Sciocco, allocco: vol. XVIII, 34. n. 4; VIII, 162 e 179 ecc.