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44 | ATTO SECONDO |
Arlecchino. El m’ha fatto... (con calore) Oh!... (vedendo che non è il suo)
Roberto. Di’, scellerato, di che ti puoi dolere di me?
Arlecchino. Ah! sior patron.... (con estrema afflizione)
Roberto. Se ti spiace partire, se non vuoi venire con me, perchè non dirmelo;1 perchè dare in pazzie? Perchè prorompere in impertinenze?
Arlecchino. Ah! sior patron... (si getta in ginocchio)
Roberto. Meriteresti ch’io ti fiaccassi l’ossa di bastonate.
Arlecchino. Mazzème, coppème, son un povero desfortunà.
Roberto. Se sei afflitto, perchè non confidarti col tuo padrone2 che ti ama? Perchè ingiuriarmi? Perchè insultarmi?
Arlecchino. Ah! sior patron, piuttosto che dir un’impertinenza a vu, me straperave la lengua colle mie man.
Roberto. A chi dunque dicevi tu: scellerato? A chi dicevi tu: maledetto?3
Arlecchino. A mi, a mi, e al mio ritratto.
Roberto. E dove lo hai?
Arlecchino. No so gnente. Lo gh’aveva qua. (cerca nelle tasche)
Roberto. Levati.
Arlecchino. Dove diavolo xe sto ritratto? (s' alza, e cerca in tasca, sul tavolino e per terra.)
Roberto. (Certamente convien dir che sia4 ingannato. Arlecchino mi ama, e non è capace di dire a me le ingiurie che ha dette). (da sè)
Arlecchino. Ma dove diavolo saralo andà?
Roberto. E così, non lo trovi?
Arlecchino. No lo trovo.
Roberto. Ma questo come ti è capitato alle mani?
Arlecchino. No lo so.
Roberto. Non lo sai?
Arlecchino. No lo so! (pateticamente)
Roberto. Questo è il ritratto che ho fatto fare per Dorotea.
Arlecchino. Sior sì.
Roberto. L’ha ella avuto, o non lo ha avuto?