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GLI AMANTI TIMIDI 43

Roberto. Ma si può sapere che cosa tu hai?

Arlecchino. Son desperà, ve digo. Sì, maledetto! (calpesta ancora il ritratto)

Roberto. Fermati, bestia, che cosa ti ha fatto quel ritratto?

Arlecchino. Cossa che ’l m’ha fatto? Tutto el mal che se pol far a sto mondo. La mia rovina, el1 mio precepizio2. Lo vôi far in polvere, lo voggio desterminar. (vuole calpestarlo)

Roberto. Fermati, dico.

Arlecchino. Sior patron...

Roberto. Dammi quel ritratto.

Arlecchino. No, sior patron, no lo voi più toccar.

Roberto. Dammelo, dico, obbedisci.

Arlecchino. Despensème, ve prego.

Roberto. Dammelo, o giuro al cielo...ì3

Arlecchino. (Oh povero Arlecchin!) (prende il ritratto da terra)

Roberto. (È innamorato come una bestia). (da sè)

Arlecchino. Tolè sto infame, sto sassin, sto maledetto ritratto. (lo dà a Roberto)

Roberto. (Sicuramente lo avrà fatto in pezzi), (da sè; apre l’astucchio e vede il suo ritratto) Come! Ah indegno! Ah scellerato! (ad Arlecchino, pateticamente)

Arlecchino. Sior sì; indegno, scellerato. (con collera)

Roberto. A chi? (ad Arlecchino)

Arlecchino. A quel ritratto.

Roberto. E all’originale? (pateticamente)

Arlecchino. Scellerato e indegno anca lu.

Roberto. A me, briccone?

Arlecchino. A vu? A mi, a mi. Scellerato el ritratto, e indegno l’original.

Roberto. Perfido, ingrato! Il tuo padrone che ti ha fatto?

Arlecchino. El mio patron? (maravigliandosi)

Roberto. Che ti ha fatto questo ritratto? Di’, che ti ha fatto l’originale? (mettendogli il ritratto sotto gli occhi)

  1. Pasquali e Zatta: e ’l.
  2. Zatta: precipizia.
  3. Così Zatta. L’ed. Pasquali stampa: Dammelo. Oh! giuro al Cielo...