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GLI AMANTI TIMIDI | 39 |
mori. Manco male che lo sbaglio ch’io ho fatto... Ah! questo sbaglio mi costa caro. Ho perduto il ritratto del mio Arlecchino. Ma s’è restato nelle mani del vecchio, spero che un giorno lo ricupererò. (volgendosi un poco) Oh cieli! Arlecchino è qui. (fa qualche movimento, onde Arlecchino si volta)
Arlecchino. (Ah! cossa vedio! La mia cara Camilla!) (da sè, stando al suo posto)
Camilla. (Mi sento una smania: non ho coraggio di andar innanzi: non so come fare a tornare indietro). (da sè)
Arlecchino. (Vorria parlarghe; ma no so come far). (da sè)
Camilla. (Vorrei profittare dell’occasione; ma non trovo le parole per introdurmi). (da sè)
Arlecchino. Siora Camilla, la riverisso. (con timidezza)
Camilla. Serva, signor Arlecchino. (con modestia)
Arlecchino. Vorla comodarse? (le offerisce una sedia)
Camilla. No, obbligatissima: non mi posso trattenere. Son venuta per vedere se vi era il signor Roberto.
Arlecchino. (Oh! za, se gh’intende; no la xe vegnua per mi). (da sè)
Camilla. Vedo che non c’è, vado via. (in atto di partire)
Arlecchino. Cussì presto?
Camilla. Non vorrei disturbarla. Vedo ch’ella è in faccende.
Arlecchino. Ho da far el baul; ma da qua a sta sera gh’è tempo.
Camilla. Si parte questa sera dunque? (patetica)
Arlecchino. Siora sì, pur troppo. (sospirando)
Camilla. Che? le rincresce di dover partire? (con un poco di premura)
Arlecchino. In verità... me rincresce assae, ma assae.
Camilla. E perchè le rincresce? (pare che si lusinghi)
Arlecchino. Che dirò... me piase Bologna.. gh’ho dei amici... dei camerada...
Camilla. (Ah! no, non gli rincresce per me). (da sè, mortificata1)
Arlecchino. Sta sera anderemo via, ghe leveremo l’incomodo.
- ↑ Così nell’ed. Zatta. Nell’ed. Pasquali si legge soltanto da sè.