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vorrà conoscerla, ho provato di farne io medesimo la traduzione, parendomi cosa malagevole troppo il tradurre una commedia letteralmente, e credendo che un saggio ed onesto traduttore non osi permettersi il cambiamento di quelle frasi che suonano male nel paese, per cui traduce. Non vi è che l’autore che possa farlo, se ha bastante talento per riuscirvi. Io senza esaminare il mio talento l’ho fatto. Se l’originale non merita, la traduzione lo seguirà nell’obblio: se ha qualche incontro, le due nazioni l’avranno quasi nel medesimo tempo; e chi sa che il mio dramma in Italia non abbia la sorte di essere rappresentato da un Albergati, da un Zaguri, ecc. ecc. Questo sarebbe il colmo della mia gloria". (Spinelli, Fogli sparsi del G., p. 122).

Causa una malattia che tenne a letto un mese il Préville, la commedia che doveva essere la prima della serie fu l’ultima e non si diede a Fontainebleau che giovedì 14 novembre [1776]. "Les Comédiens François répresentèrent L’Avare fastueux, comédie en cinq actes en prose, de M. Goldoni, suivi de "Crispin rivai de son maître", comédie en un acte, en prose, de Le Sage "(Journal des spectacles réprésentés devant leurs Majestés depuis le 2 janvier 1776 jusqu’au 30 decémbre de la même année: comunicazione della gentile signora L. Blake-Buequet, a cui si deve anche la coscienziosa copia del ms. francese della presente commedia). I ministri, gli ambasciatori, gli ufficiali - racconta il Goldoni - eran tutti partiti. - Ai comici stanchi era mancata la voglia di studiare e più ancora quella di provare. "Vedendo la critica posizione della mia commedia chiedo modestissimamente se fosse possibile di sospenderne la recita. Ma non ce n’erano altre in repertorio; mi si fece credere che non si poteva farne a meno. Vado alla prima rappresentazione. Mi metto al solito posto in fondo al palcoscenico dietro la tela: c'era tanto poca gente che non si poteva accorgersi degli effetti buoni o cattivi, e la commedia finisce senza segno alcuno d’approvazione o di disapprovazione. Torno a casa, non vedo nessuno. Tutti fanno le valigie, e io le mie. Tutti partono e parto anch’io" (Mem., ibid.). Per istrada cerca le ragioni dell’insuccesso: sì, il momento male scelto, la scarsità del pubblico, ma trova che alcuni esecutori non avevano capito la parte; così il Bellecour [Chateaudor] confuse il fastoso col vanaglorioso, la Drouin [Araminte] d’una mamma bisbetica e petulante fece una madre nobile, il Préville [Marquis] non aveva saputo dire le sue frasi spezzate in modo da farne intendere il senso. Avrebbe dovuto impedire la recita! Insomma, tornato a Parigi, ai comici che l’invitano a un’adunanza per decidere la ripresa del lavoro, scrive ringraziando, e il miglior mezzo di provare la sua riconoscenza gli sembra sia quello di risparmiare a loro e a sé nuove inutili pene. "Ritengo la commedia caduta. Non sono nè avaro nè prodigo, e la ritiro senz’altro" (22 novembre I 776, Rabany, op. cit. p. 304).

Un aneddoto rintracciato da Giuseppe Ortolani tra le carte dell’Albergati (Archivio Tognetti, Blbl. Comunale di Bologna) cerca alla sfortuna dell'Avare fastueux ragioni ch’egli relega giustamente nei regni della fantasia. Scrive al citoyen, già marchese, Francesco Albergati Capacelli un a noi sconosciuto citoyen Noré, che dice d’aver conosciuto molto bene il Goldoni a Parigi. "Un incidente che voi forse ignorate ha privato la scena francese d’un carattere nuovo per essa, ch’egli [Goldoni] aveva trattato d’una maniera degna