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GLI AMANTI TIMIDI 37

Anselmo. Che cosa hai veduto? (con (sdegno)

Carlotto. In mano di Camilla...

Anselmo. In mano di Camilla...

Cablotto. Il ritratto del signor Roberto.

Anselmo. E che cosa c’entra Camilla con Dorotea? E perchè darmi ad intendere che il ritratto era per Dorotea? E se Roberto ha donato il suo ritratto a Camilla, perchè s’incolpa la mia figliuola? Perchè, giuro a Bacco Saccone, perchè si carica Dorotea? Falsi, bugiardi, seminatori di discordie, di zizzanie, di falsità...

Cablotto. Ma io, signore...

Anselmo. Taci là, che ti fiaccherò l’ossa di bastonate. (parte)

SCENA III.

Carlotto solo.

Io resto attonito, maravigliato. Il padrone può aver avuto un ritratto per l’altro; ma quel di Roberto ci deve essere, perchè l’ho veduto. Questo però non è quello che più m’inquieta. Quel che mi mette in maggior apprensione, è questo ritratto qui che non so da chi venga, e dubito che Camilla m’inganni. Se Arlecchino si ha fatto fare il ritratto, avrà avuto la sua ragione. Chi sa ch’egli non l’abbia dato a Camilla; e che Camilla, o a posta o non volendo, non l’abbia dato alla sua padrona? Oh! se potessi scoprire la verità.

SCENA IV.

Arlecchino ed il suddetto.

Arlecchino. (Carlotto che varda un ritratto!) (da sè, non veduto)

Cablotto. Oh! riverisco il signor Arlecchino. (vedendo Arlecchino, nasconde il ritratto)

Arlecchino. (Dov’è ’l mio? Non lo vedo più. (guardando sul tavolino). Senz’altro el l’ha tolto lu. La me par un pochetto d’impertinenza). (da se) Comandela qualcossa, signor, in sta camera? Vienla a cercar qualchedun?