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della mia casa. I miei amici s’accorsero della mia agitazione, mi compatirono, e non vollero abbandonarmi. Mi hanno parlato della vostra bontà, madama, in una maniera a farmi tutto sperare, e mi hanno incoraggilo a manifestarvi la rispettosa mia inclinazione. Mi sono reso ai loro consigli, e mi lusingavo che l’amore, il rispetto e la riconoscenza mi avrebbero meritato un giorno l’amor della figlia, e la bontà e la considerazione della madre.

Araminta. Le vostre viste mi paiono oneste, e non so condannarle. Non isperate ch’io vi accordi mia figlia; ma la vostra situazione mi penetra al vivo, e sono disposta a fare per voi tutto quello che da me può dipendere.

Cavaliere. La vostra cortesia mi consola. Ma, oh cieli! Voi mi rifiutate il prezioso dono di vostra figlia?

Araminta. Non vi lusingate di averla, signor cavaliere. Voi non siete per ora nel caso di maritarvi, e non lo sarete, può essere, da qui a dieci anni. Siate libero, e lasciate in libertà mia figlia di secondare il destino. Se voi aggradite le prove della mia amicizia, ecco quel che posso far per voi. Vi offro la somma necessaria per acquistare un grado onorifico militare, un reggimento ancora, se lo volete. Vi darò il danaro che occorre, e voi me lo assicurerete sulla vostra parola d’onore.

Cavaliere. E s’io muoio, madama?

Araminta. Se voi morite.... perderò, può essere, il mio danaro, ma tutto per me non sarà perduto. Avrò la consolazione di aver reso giustizia al merito ed all’onestà.

Cavaliere. Che nobiltà di procedere! che generosità senza esempio! ma... vostra figlia...

Araminta. Non ci pensate, vi dico, voi non l’avrete assolutamente.

Cavaliere. Possibile che la mia passione, che l’amor mio, che la mia costanza...

Araminta. Veggiamo, a poco presso, di qual somma voi avreste bisogno. Avete voi delle protezioni?

Cavaliere. Ne ho qualcheduna.

Araminta. Ve ne procurerò anch’io delle buone: ma seguitemi: