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Araminta. Parliamoci chiaro, signori, che pretendete voi da mia figlia?

Cavaliere. Ah! madama, se potessi lusingarmi di meritarla...

Araminta. Niente manca alla vostra persona per farvi aggradire e desiderare. La vostra nascita, il vostro carattere, la vostra condotta, tutto parla in vostro favore, e reputo per me un onore che voi abbiate fissati gli occhi sopra mia figlia, ma... permettete ch’io ve lo dica, lo stato della vostra casa...

Cavaliere. È verissimo: lo conosco, e lo confesso io medesimo, mio padre è il miglior uomo del mondo. Sì è sempre lasciato condurre, e l’hanno pessimamente condotto.

Araminta. Ma poiché voi conoscete questa verità, e voi la dovete conoscere meglio d’ogn’altro, con qual cuore osereste di sommergere in questo abisso di disordini e di scompigli una fanciulla che è nata comoda, e che ha una dote assai conveniente? Vorreste esporre i suoi beni al pericolo evidente di essere dissipati in pochissimo tempo da una cattiva amministrazione?

Cavaliere. Di grazia, ascoltatemi. Vi svelo sinceramente il mio cuore. Ho passato qualche anno nelle truppe, come sapete, ma non ho potuto continuare a servire perchè mi mancavano i modi per sostenermi, e far onore alla mia nascita ed al grado mio militare. Ritornai alla casa paterna, vivendo incognito, senza aderenze, soffrendo la mia sfortuna, e nascondendo il mio rammarico e la mia situazione. Qualche amico della nostra famiglia, conoscendo il mio stato, ed interessandosi per i miei vantaggi, mi suggerì che una dote onesta avrebbe potuto mettermi in grado di continuare la mia carriera. Mi fece sortire dalla mia solitudine, e m’incoraggi a dichiararmi e a produrmi. Mi fu parlato di voi, madama, del merito di vostra figlia, e dell’opulenza della sua dote. Vidi madamigella Eleonora. Alla vista dell’amabile sua persona, alla discoperta delle rare sue qualità, cessò in me ogni immagine d’interesse. L’amor solo occupò intieramente il mio cuore. Desiderai d’essere ricco per renderla fortunata, e sentii più vivamente il disordine