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34 | ATTO PRIMO |
Anselmo. DI quel discolo, di quel malcreato, di quell’impostor di Roberto.
Dorotea. (Fa bocca da ridere.)
Anselmo. Tu ridi ancora? Uh! mi sento pizzicare le mani. (minacciandola)
Dorotea. Qualche volta le persone si potrebbero ingannare.
Anselmo. Non m’inganno, e non parlo senza esser sicuro di quel che dico. E quest’infame ritratto... (lo apre, e vede che non è quello. Si volta alla figlia senza parlare, ed ella non può trattenersi di ridere) Maledetto sia questo ridere. La volete finire? Questo non è il ritratto ch’io vi domando. Fuori il ritratto di Roberto.
Dorotea. Signore, vi protesto sull’onor mio, non ho avuto altro ritratto che questo. È uno scherzo, è una bizzarria, è una burla; e non merita che vi mettiate in furia, e vi scaldiate il sangue, e che diciate di quelle cose che non si dicono, e che non sono state mai dette. (con caricatura)
Anselmo. Non c’è altro ritratto che questo?
Dorotea. No certamente. Ve l’attesto per il rispetto e per l’amor che vi porto.
Anselmo. (Giuro a Bacco Baccone, Baccone, Baccone!) (mortificato, da sè, guardando il ritratto)
Dorotea. Signor padre, la riverisco. (ridendo parte)
SCENA XV.
Anselmo solo.
Quel ridere non lo posso soffrire. Da una parte non ha tutto il torto. Mi son lasciato dar ad intendere... Che Carlotto e Camilla si siano presi spasso di me? Per Camilla mi pare impossibile, ella è sempre stata una figliuola dabbene... Eh! chi n’ha la colpa, è quel briccone di Carlotto. Giuro a Bacco Baccone, lo caccierò via, giuro a Bacco Baccone. (parte)
Fine dell’Atto Primo.