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32 ATTO PRIMO

Camilla. (Oh! Il briccon me l’ha fatta). (da sè) Presto, presto. (in atto di partire)

Dorotea. Venite qua.

Camilla. Vengo, vengo, (in atto di partire)

Dorotea. Datemi il mio ritratto. (con forza)

Camilla. Tenete, tenete. (gli dà un ritratto senza badare) (Uomini ciarloni! e poi dicono di noi donne). (da sè, parte correndo)

SCENA XIII.

Dorotea sola.

Che diamine ha costei? Cosa può volere mio padre che l’inquieta in tal modo? Lo saprò, quando la rivedrò: quello che mi dà pena, è la partenza del signor Roberto. Ma! i suoi interessi lo vogliono. Chi sa? Se mi ama davvero, spero che otterrà da suo zio la permissione di rivenire, di parlarne a mio padre, e che mio padre sarà contento. Ma intanto che farò, lontana da lui? Almeno mi consolerò col ritratto. Vediamo, se il pittor si è portato bene. Cosa vedo! Questo è il ritratto del di lui Servitore. Che cosa è mai questa stravaganza? Un equivoco di Camilla? Potrebbe darsi. Questo ritratto potrebbe essere a lei destinato. Oh cieli! Ecco mio padre. Nascondiamolo, se non per altro, per salvare almeno Camilla. (si mette il ritratto in tasca)

SCENA XIV.

Anselmo e la suddetta.

Anselmo. Che cosa si fa in questa camera? (con (sdegno)

Dorotea. Sono qui... così... Ci sono venuta per accidente.

Anselmo. In questa camera non ci si viene; non ci si viene, e non voglio che ci si venga.

Dorotea. Signore, ci sono venuta in tempo che non c’è nessuno, e non credo che possiate per questo rimproverarmi.

Anselmo. Il ritratto. (bruscamente glielo domanda)