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ATTO SECONDO1.

SCENA PRIMA.

Dorimene, Eleonora.

Dorimene. Venite qui, la mia cara Eleonora. Desidero parlarvi da sola a sola. Mio fratello, a quel ch’io credo, è sortito: veggiamo se fosse nel suo gabinetto. (va a vedere per assicurarsene

Eleonora. (Che mai vorrà dirmi?) (da sè) Ella ha dell’amicizia per me: ma la credo più assai interessata per suo fratello, e non mi aspetto niente di consolante per me.

Dorimene. Siamo sole, e possiamo liberamente parlare. Permettete ch’io vi dica, prima di tutto, che, da qualche giorno in qua, vi trovo di una serietà, d’una tristezza, che non convengono alla vostra età.

Eleonora. Quest’è il mio naturale, signora... poco più, poco meno, io sono stata sempre così.

Dorimene. No, no, scusatemi. Quando siete arrivata a Parigi, non avevate quell’aria tetra, che ora è dipinta sul vostro volto. Voi vi siete intieramente cangiata, e certamente non l’avete fatto senza motivo.

Eleonora. Io non mi accorgo di un tal cambiamento.

Dorimene. Eh! fanciulla amatissima, voi mi nasconclete la verità: voi non vi fidate di me. Rendetemi un poco più di giustizia, e non crediate che avendo intavolato un progetto di matrimonio fra voi e mio fratello, abbia io la pazza ambizione di farlo riuscire a dispetto del vostro cuore. Ditemi liberamente la vostra intenzione: parlatemi con sincerità, e vedrete s’io vi sono amica davvero.

Eleonora. (Se potessi fidarmi... ma no...) (da sè

Dorimene. Avete voi dell’avversione per mio fratello?

  1. In questo atto il Goldoni si serbò più fedele al proprio manoscritto francese.