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zione di Angelica. Il giovinetto parrebbe troppo affettato per una fanciulla onesta e timida; converrebbe per tradurlo impiegare una perifrasi, la perifrasi darebbe troppa luce alla parola sospesa e guasterebbe la scena" (P. III, capitolo XVI).
Malgrado gli scrupoli e le difficoltà la traduzione impresa dall’autore per suo divertimento venne poi portata a termine e stampata due anni dopo l’autobiografia, ed è
Il Burbero di buon cuore, commedia di 3 atti in prosa, traduzione del Bourru bienfaisant, fatta dall’autore medesimo, Parigi, Vid. (sic) Duchesne e Figlio, 1789 in 8 col ritratto del Cochin (Querard, III, p. 400). A Dalancour è sostituito Leandro.
Con istrumento in data 28 marzo 1789 (vedine il facs. dell’autografo in Karpeles Allg. Gesch. der Litteratur, 1891, p. 712) l’autore cedeva all’editore ogni diritto su tale versione avendone riscosso il prezzo pattuito e a condizione d’averne 50 copie (vedi Lettere inedite del G. pubbl. in Flegrea, Napoli 1901, 20 marzo). Questo lavoro fu, come più tardi l’adattamento italiano d’un romanzo della Riccoboni (1791), opera di carità. Un Geronte mai burbero ma benefico ancora in tarda età il nostro Goldoni!" Dopo quello che ho detto "avverte l’autore -" nel III volume delle mie Memorie il pubblico non doveva aspettarsi da me la traduzione in lingua italiana del mio Bourru bienfaisant. Una circostanza singolare mi ha animato a sormontare tutte le difficoltà: l’amicizia mi ha fatto occupare piacevolmente in quest’opera qualche sera del crudo inverno dell’anno scorso, e l’uso ch’io doveva fare col profitto di questo mio lavoro ha finito di persuadermi". E in curiosa contraddizione con le Memorie, (III, e. XVI, passo già cit.) avvertiva: "So che altre due corrono da qualche tempo l’Italia: non le conosco, le credo buone, ma credo che i miei compatrioti non saran malcontenti di averne una fatta da me medesimo. Io ho avuto nel farla un avvantaggio sopra degli altri; un semplice traduttore non osa scostarsi nelle difficoltà dal senso letterale; io, padrone dell’opera mia, ho potuto di quando in quando cambiar le frasi per meglio appropriarle al gusto e all’uso della mia nazione". Più che tradurre il Goldoni rifece per le scene nostre il suo lavoro. Il Malamani sottopose questa traduzione a una critica troppo severa fino a dire "che se fosse l’opera d’un altro, se ne farebbero le crasse risate" (Nuovi appunti e curiosità Goldoniane, Venezia, 1887, p. 155). Si nota spesso la verbosità abituale delle commedie italiane del Nostro, ma nulla che si presti al ridicolo. Vero che tradurre a garbo il Bourru bienfaisant non par facile. E lo notava il Basseggio (Tipaldo, X, pag. 283) cercando, certo a torto, il motivo delle prime fredde accoglienze nelle deficienti versioni. Ma quanto a lingua e stile i raffazzonamenti innumeri di drammi e commedie esotiche, dovuti ai più umili eroi della penna, avevano abituato il pubblico d’allora a ben maggiori ignominie. L’editore del Teatro moderno applaudito accompagnò la pubblicazione del B. b. nella versione del suo autore (Tomo XXIV, I 798) con questa diplomatica nota: [Questa commedia] "fu composta da un bravo italiano in lingua francese e dallo stesso bravo italiano venne alla nostra favella ridotta. Dunque il G. e come autore e come posseditore d’ambe le lingue avrà dato alla sua commedia quel colore che meglio le si conveniva".