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22 ATTO PRIMO

Giacinto. Perdoni. (lo ricusa mostrandosi malcontento)

Arlecchino. Come! El xe un teston; tre paoli. Ve par poco tre paoli?

Giacinto. Perdoni. (come sopra)

Arlecchino. Ma cossa aveu speso? Disè, parie.

Giacinto. Nè tutto donato, nè tutto pagato... Io non le domando nè sei, nè otto, nè dieci zecchini. Il suo padrone ha pagato il ritratto dodici zecchini, e non somiglia quanto il mio.... A far la cosa miserabile... per essere vossignoria... mi darà tre zecchini.

Arlecchino. Amigo, tolè al vostro ritratto. (lo prende dal tavolino,) e glielo vuol rendere.

Giacinto. Ma io l’ho fatto per lei. (ritirandosi un poco)

Arlecchino. Ma mi no ve l’ho ordenà.

Giacinto. È vero; ma il ritratto è suo.

Arlecchino. O mio, o vostro, mi no voggio spender tre zecchini.

Giacinto. Per un ritratto di questa sorta! (sempre senza scaldarsi)

Arlecchino. E chi v’ha dito de farlo? Chi ve l’ha domandà? Per cossa vegnìu1 a offerirmelo? Per cossa me voleu obligar a riceverlo?

Giacinto. Perchè l’ho fatto per lei.

Arlecchino. E mi ve digo che no lo voggio.

Giacinto. Vossignoria lo prenderà. (con flemma)

Arlecchino. La mia signoria no lo prenderà. (scaldandosi)

Giacinto. Son sicuro che lo prenderà. (con flemma)

Arlecchino. Debotto me vien voggia de buttarlo zo del balcon.

Giacinto. È roba sua; ne può far quel che vuole... (con flemma)

Arlecchino. Me faressi vegnir el mio caldo. Tolè el vostro ritratto. (glielo vuol dare per forza)

Giacinto. È roba sua. (ritirandosi modestamente)

Arlecchino. Ma mi no lo pagherò. (in collera)

  1. Ed. Pasquali: vegnìo.