Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1923, XXII.djvu/286

276


J’ai fait une Comédie Francoise en trois actes; elle a été reçue d’une voix unanime et par des buletins le plus gracieux et le plus flateurs du monde. En voici le titre: Le Bourru bienfaisant. Ce n’est pas comme vous voyez une pièce a la mode, cependant elle n’a pas choqué les oreilles de ceux qui se sont declarés pour la Comédie larmoyante et terrible. Oui, Monsieur et cher Ami, je me suis servi de ce même pinceau, que vous m’aves attribué, et que Molière et vous m’aves montré à manier. Vous trouverés même dans une de vos pièces une esquise de mon caractere principal. Ce qui m’a donne plus de peine surtout pour la première fois, a eté le stil. J’ai consulte quelques uns de mes amis, et on me flatte, que mon Francois peut passer. Si je pouvois consulter l’oracle de la France, je serois bien plus tranquille. Je tacherai de vous l'envoyer avant que de l’exposer au publique. Le tour de role m’impatiente: mais Monsieur le Duc de Duras en paroit content, et on me flatte, quelle purroit etre jouée à Fontainebleau. Avoués que ce sera un phenomène singulier". Il Duras [Emanuele de Durfort] era primo gentiluomo della Camera del Re dal 1757. Agli attori, aggiungono le Memorie, la commedia era piaciuta fin dalla prima lettura.

Ma prima di vederla in scena l’autore dovette frenare la sua impazienza altri otto mesi. Intanto, felice di saper accolto il suo lavoro dal primo teatro di Francia, egli faceva del Burbero l'argomento più caro de’ suoi discorsi e volentieri ne dava lettura per godere in anticipazione qualche porzione di successo. Era tornato a Parigi nel 1770 Jean-Jacques Rousseau, ed era grande in tutti il desiderio di avvicinare il filosofo misantropo. Non meno curioso degli altri il nostro Goldoni che però questa volta al difetto della curiosità da lui esposto con tanta arguzia alla berlina del palcoscenico cambia nome. "Sarei stato ben contento" scrive "di far vedere la mia commedia a un uomo che conosceva così bene la lingua e la letteratura francese" {Mem., P. II, cap. XVI). A dire il vero non mancava a Parigi gente che conoscesse bene la lingua e la letteratura francese. Ma Goldoni chiese un colloquio al Rousseau e fu accolto con modi franchi e amichevoli. Ecco quanto del loro dialogo riguarda la commedia:

"Ho composto una commedia francese... — Avete composto una commedia francese? — risponde egli con aria stupita — e che cosa volete farne? — Farla eseguire. — Dove? — Alla Comédie Francaise. — Voi m’avete rimproverato che perdevo il tempo [a copiar musica]; ma siete voi che lo fate senza frutto alcuno- — La mia commedia è accettata. — E possibile? Non me ne stupisco; i comici non hanno senso comune. Accettano e rifiutano a casaccio. È accettata, può essere; ma non la reciteranno, e se la recitano, peggio per voi! — Come mai potete giudicare una commedia che non conoscete? — Conosco il gusto degl’Italiani e quello dei Francesi, ci corre troppo! e con vostra buona pace non si comincia alla vostra età a scrivere e a comporre in altra lingua. — Le vostre considerazioni sono giuste, signore, ma le difficoltà si possono superare. Ho mostrato l’opera mia a intelligenti, a intenditori, e ne sembrano contenti. — Vi lusingano, v’ingannano, voi ne sarete vittima. Fatemi vedere la vostra commedia; io sono franco, sono sincero, vi dirò la verità". Ma il Goldoni temendo che il Rousseau potesse credersi satireggiato nella commedia, rinunciò alla "verità" quale fosse per essere. La