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20 ATTO PRIMO

Giacinto. Oh! non s’incomodi, (ritirasi un poco; ma poi allunga la mano.)

Arlecchino. Senza cerimonie.

Giacinto. Per non ricusar le sue grazie. (prende il danaro)

Arlecchino. Compatì, se i xe pochi. Anca nu gh’avemo delle spese.

Giacinto. Oh! che cosa dice? Vossignoria è troppo compito. Corrisponde l’animo liberale all’aspetto gentile e manieroso1.

Arlecchino. Oh! troppa bontà; mi no gh’ho nissun merito. Eseguisso i ordeni del mio patron.

Giacinto. È vero, capisco benissimo; ma vi sono de’ servitori che vorrebbero tutto per loro, che fanno scomparire i padroni, e che strapazzano i galantuomini in vece di ricompensarli.

Arlecchino. Oh! mi, compare, no son de quelli. Poveromo, ma galantomo.

Giacinto. Ne son sicurissimo. Subito che ho veduto la vostra fisionomia, mi è piaciuta infinitamente. Mi è restata impressa per modo tale... Aspettate un momento. (Tira fuori un astucchio da ritratto, simile a quello di Roberto, e l’apre) Conoscete questo ritratto?

Arlecchino. Come! La mia figura! (con ammirazione)

Giacinto. Ah! Vi pare che vi somigli?

Arlecchino. Sangue de mi, el me someggia terribilmente.

Giacinto. Ve lo diceva io, che per li ritratti vi vuole un dono di natura particolare?

Arlecchino. Ma chi l’ha fatto sto ritratto?

Giacinto. Il vostro umilissimo servitore. (annunziando se stesso)

Arlecchino. Vu? (guardandolo bene)

Giacinto. Vi pare impossibile2, perchè mi vedete con questa livrea? Ho del genio, ho del talento per la pittura; e un giorno farò anch’io la mia figura nel mondo.

Arlecchino. Ve stimo infinitamente. Circa al dessegno, mi no me n’intendo; ma per someggiar, el someggia.

  1. Così l’ed. Zatta. Nell’ed Pasquali e nella Bolognese è stampato: gentil, manieroso.
  2. Nell’ed. Pasquali c’è qui il punto interrogativo.