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SCENA III.

Marta, poi Geronte.

Marta. Parla come un pazzo... Non si sa quel che voglia dire.

Geronte. (Con una lettera in mano, parlando verso la porta del suo appartamento da dov’è sortito) Resta lì, non vuo’ che tu sorta, farò portare la mia lettera per un altro, (si volta) Marta!

Marta. Signore.

Geronte. Va’ a cercare un servitore, che porti subito questa lettera a Dorval. (volgendosi alla porta del suo appartamento) Che stordito! Zoppica ancora, e vorrebbe sortire, (a Marta) Va’, spicciati.

Marta. Ma voi non mi date tempo di parlare... Il signor Dorval è qui.

Geronte. Dorval è qui?

Marta. Sì signore, è qui.

Geronte. Dove?

Marta. Nell’appartamtento di vostro nipote.

Geronte. (Da sé, in collera) (Dorval nel quarto di Leandro! Comprendo il mistero), (a Marta) Va’ a cercar Dorval, digli... No, non voglio che le mie genti entrino per quella porta; (a Marta) se tu ci metti il piede, ti licenzio immediatamente; chiama; fa che venga qualche uomo di là, qualche donna, qualche demonio... No, no, non voglio veder nessuno di coloro... Vacci tu stessa, che Dorval venga subito. E bene?...

Marta. Deggio andarvi, sì o no?

Geronte. Va’, non m’impazientar d’avantaggio.

Marta. (Entra nell’appartamento di Leandro.)

SCENA IV.

Geronte solo.

Così è; non vi è dubbio. Dorval ha penetrato l’abisso in cui quel disgraziato è caduto, e lo seppe prima di me, ne io lo saprei ancora se Picard non me l’avesse svelato. Ecco il mo-