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SCENA XIII1.
Angelica, Geronte, Dorval.
Geronte. (Entrando per la porta di mezzo, e vedendo in atto d’amicizia Angelica e Dorval, li crede l’uno e l’altro amorosi) Bene! bene! Mi consolo con voi. (Angelica si ritira mortificata, Dorval sorride) Che? la mia presenza v’incomoda! Avete soggezione di me? Io non condanno qualche confidenza innocente e legittima; avete fatto bene, Dorval, a prevenirla; animo, signorina, abbracciate il vostro sposo.
Angelica. (Da sè, afflitta) (Che sento!)
Dorval. (Da sè, sorridendo) (Eccomi scoperto).
Geronte. (A tutti due) Che vogliono dire queste renitenze? (ad Angelica) Qual modestia fuor di proposito? Quando io non vi sono, v’avvicinate, e quando arrivo, vi allontanate, (a Dorval) Avvicinatevi, (ad Angelica) appressatevi.
Dorval. (Ridendo) Amico Geronte...
Geronte. Voi ridete? voi gioite della vostra contentezza; ho ben piacer che si rida; ma non voglio esser impazientato. Intendete, signor amoroso giocondo? Venite qui. Ascoltatemi.
Dorval. Ma ascoltate voi prima...
Geronte. (Ad Angelica) Qui, qui, anche voi, qui.
Angelica. (Piangendo) Mio caro zio...
Geronte. Voi piangete? Povera bambina! (prendendola per la mano) Venite qui, (la fa venire nel mezzo della scena, poi si volge a Dorval dicendo) la tengo.
Dorval. Volete voi lasciarmi parlare?
Geronte. (A Dorval, con vivacità) Tacete.
Angelica. Mio zio...
Geronte. (Vivamente) Tacete. (cambiando tuono dice tranquillamente) Vengo ora dal notaro, tutto è pronto, la minuta è fatta, questa sera porterà il contratto, e noi lo soscriveremo.
- ↑ È la scena XVIII dell’originale.