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Costanza. Certamente parlava di lui, parlava contro il marito e la moglie, li maltrattava in una maniera orribile, scandalosa...

Leandro. (Da sè) (Eh capisco bene di chi parlava!)

Costanza. Che uomo insopportabile!

Leandro. Non avete torto; ma conviene avere de’ giusti riguardi verso di lui.

Costanza. Può egli lagnarsi di me? Gli ho mai mancato in alcuna parte? Rispetto la sua età, rispetto in lui un fratello di vostro padre; se qualche volta mi burlo del suo carattere, lo faccio fra voi e me; voi me lo perdonate. Per il resto ho tutti i riguardi per lui; ma ditemi, di grazia, ne ha egli per voi? Ne ha egli per me? Ci tratta assai duramente, ci odia perfettamente, e malgrado a ciò, dovremmo noi coltivarlo, e profondergli i nostri omaggi?

Leandro. Ma... quando noi gli facessimo la corte... è nostro zio, e poi... potremmo aver bisogno di lui.

Costanza. Bisogno di lui! come? Non abbiamo noi modi sufficienti da poter vivere onestamente? Voi siete moderato, prudente; io sono ragionevole; non vi domando di più di quanto avete fatto sin ora, continuiamo colla medesima moderazione, e non avremo bisogno di chi che sia.

Leandro. (Pensoso) Continuiamo colla medesima moderazione!...

Costanza. Sì, io non sono ambiziosa, non desidero niente di più.

Leandro. (Da sè) (Sfortunato ch’io sono!)

Costanza. Ma voi mi sembrate inquieto; avete qualche cosa che vi molesta.

Leandro. No, no, voi v’ingannate, non ho niente di estraordinario.

Costanza. Perdonatemi. Io vi conosco. Voi non siete del vostro solito umore. Se avete qualche cosa che vi disturbi, perchè a me vorreste nasconderla?

Leandro. (Dopo aver esitato) È mia sorella che m’imbarazza. Ecco tutto.

Costanza. Vostra sorella? Perchè mai? Ella è la miglior fanciulla del mondo, io l’amo di tutto cuore. Udite, se voi voleste confidarvi in me, mi darebbe l’animo di liberarvi da questo pensiere, e di rendere Angelica nello stesso tempo contenta.