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SCENA XV.
Leandro solo.
Mio zio è un buon uomo, è benefico, è generoso con chi vuol esserlo... con chi lo merita. Se Dorval giunge a persuaderlo in favor mio... Se potessi lusingarmi d’una assistenza proporzionata a’ miei bisogni! Finalmente la mia terra, i miei beni, non son venduti, non sono che ipotecati; se potessi occultare a mia moglie!... Ah! perchè l’ho io ingannata? Perchè mi sono ingannato io medesimo? Mio zio non è ancor rimontato, non so quando Dorval potrà vederlo e parlargli. Andrò frattanto dal mio procuratore.... quanto mi costano questi passi inutili, che son costretto di fare! Egli mi lusinga, è vero, che malgrado la sentenza, troverà la maniera d’acquistar tempo; ma i raggiri del foro mi sono odiosi, lo spirito soffre, e l’onore è in pericolo. Infelici coloro che hanno di bisogno di tali vergognosi ripieghi1. (in atto di partire)
SCENA XVI.
Leandro, Costanza.
Leandro. (Vedendo venir sua moglie) Ecco mia moglie; vorrei andarmene, ma...
Costanza. Ah! siete qui? Vi ho cercato per tutto.
Leandro. Era sul punto di sortire...
Costanza. (Sorridendo) Mi sono incontrata col burbero... Oh! come gridava! Oh! come strillava!...
Leandro. Intendete voi parlar di mio zio?
Costanza. Sì; ho veduto un poco di sole; andiedi a passeggiare in giardino, e lo vidi che camminava a gran passi, e parlava solo, e forte... Ditemi: ha egli al suo servigio qualche servitore ammogliato?
Leandro. Sì; ne conosco uno.
- ↑ Anche qui il Goldoni traducendo ha allungato il testo.