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Leandro. No, conviene lasciarlo calmare, e attendere un miglior istante1.
Dorval. E se sorte? e se non rimonta?
Picard. (A Dorval) Scusatemi. Non tarderà a rissalire, conosco il suo naturale, un quarto d’ora gli basta per rimettersi in calma, e sarà ben contento di qui ritrovarvi 2.
Leandro. (A Dorval) Fate che Picard vi conduca nella sua camera, e poiché siete disposto a favorirmi, abbiate la bontà d’aspettarlo.
Dorval. Posso prendermi la libertà d’andar io solo nella camera di Geronte; comprendo quant’è scabrosa la vostra situazione, conviene sollecitare il rimedio. Parlerò, pregherò in favor vostro, ma a condizione, amico...
Leandro. Vi capisco. Non vi pentirete d’esservi interessato per me, vi do parola d’onore.
Dorval. Tanto basta. (entra nell’appartamento di Geronte)
SCENA XIV.
Leandro, Picard.
Leandro. Hai tu trovato il momento per dire a mio zio quel ch’io t’aveva raccomandato di dirgli?
Picard. Sì signore, ho incominciato il discorso, ed egli mi ha voltate le spalle, e non mi dato tempo di continuare.
Leandro. Terribil cosa! Guarda, osserva qual potrebbe essere l’istante favorevole in cui potessi accostarmi a lui; se trovi un’occasione opportuna, vieni ad avvisarmi. Saprò ricompensarti.
Picard. Signor, vi ringrazio della vostra buona intenzione; ma non v’inquietate per me; grazie al cielo, non ho bisogno di nulla.
Leandro. Sei ricco, a quel ch’io sento.
Picard. Non son ricco, ma il mio padrone non mi lascia mancar di niente. Ho moglie, e quattro figliuoli; un servitore come io sono, dovrebbe essere imbarazzato; ma il mio padrone è sì buono, che in casa mia non si sa che cosa sia la miseria, (parte)