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134 | ATTO QUARTO |
Pantalone. Son qua a pregarla de metter in libertà sta povera donna. So chi la xe, ho conossudo a Bergamo la so fameggia; la m’ha conta i so accidenti, e la merita compassion. No parlo de so mario; el xe un ignorante, el xe un sciocco. Quel che l’ha fatto, son seguro che nol l’ha fatto nè per disprezzo del liogo dove che el s’ha introdotto, nè con anemo de far del mal; ma ciò non ostante l’ha fallà, el merita de esser castigà, e lo abbandono alla so giustizia e alla so pietà. Ghe domando la donna. La xe innocente. La xe protetta da mi, la xe nata sotto i auspici del mio glorioso Lion. Se la me la dà, la farà un atto de giustizia, la me farà una finezza a mi, e la farà cossa grata a tutta la mia nazion.
Cadì. Rispetto la vostra illustre nazione, ho tutta la stima per voi, desidero compiacervi, ma non posso farlo senza un ordine superiore. Per darvi un segno della mia amicizia, monto le scale in questo momento, vado a parlare per voi. Sarò io lo avvocato della vostra protetta, e saprete in brevi momenti la decisione del nostro Bey, che presiede al governo di questi stati.
Pantalone. La ringrazio, la prego, me raccomando.
Cadì. Resti qui la donna ben custodita, e conducete colui nella torre. (alle Guardie, e parte)
SCENA XII.
Pantalone, Corallina, Arlecchino, Ministri e Guardie.
Corallina. Vi ringrazio, signor Pantalone, della vostra bontà, ma non isperate ch’io di qui parta senza il mio caro marito.
Pantalone. Mi no so cossa dir....
Arlecchino. No, Corallina, no te ustinar per mi. Son mi la causa de tutto. No merito la to compassion.
Corallina. Ma come sei in questo stato? Dimmi... l’anello... non ti ha servito l’anello?
Arlecchino. Nol val più gnente. L’ho voltà cento volte; el diavolo xe tornà a casa soa.