Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1923, XXII.djvu/139


IL GENIO BUONO E IL GENIO CATTIVO 131


la me mazza, la me scortega, la fazza de mi un tamburo, vôi morir, ma no vôi parlar.

Alì. S’arresti quel temerario. S’incateni, conducasi alla giustizia, e a forza di tormenti si costringa a parlare. (i Soldati incatenano Arlecchino)

SCENA VII.

Corallina correndo affannata verso Arlecchino.
Pantalone la seguita.

Pantalone. Fermève, cossa feu? Vegnì qua. (tentando di trattener Corallina.

Corallina. Arlecchino, (gridando con affanno, e procurando accostarsi)

Arlecchino. Corallina. (con affanno e sorpresa)

Pantalone. Coss’è sta cossa? (sorpreso)

Corallina. Mio marito. (come sopra, e voltandosi a Pantalone)

Arlecchino. Mia muggier. (come sopra, volgendosi ai Turchi)

Alì. Arrestate costei. (ai Soldati che la circondano)

Pantalone. Sior Bassà, la prego...

Alì. Conduceteli entrambi al Cadì. (parte)
(I Soldati conducono a forza Arlecchino e Corallina, e partono)

Pantalone. Povera donna, povera zente! Presto: voggio andar; li voggio agiutar. (parte dietro gli altri)

SCENA VIII.

Si aprono le porte della moschea. Escono le Donne custodite dai Mori, colla marcia medesima come sono entrate, fanno il giro e partono.

SCENA IX.

Cortile del luogo di giustizia con palo, palco, foco, e vari Ministri di esecuzione. La torre delle prigioni da un lato, in fondo la scena, con una scalinata che scende dalla porta della torre al cortile.

Il Cadì e Ministri di esecuzione, e Guardie; poi Arlecchino.

Cadì. Fate venire quell’europeo. (alle Guardie le quali montano la scalinata, aprono la porta, e fanno scendere Arlecchino incatenato e sempre in agitazione e disperazione.