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100 | ATTO SECONDO |
SCENA XIV.
Mademoiselle Lolotte al rastello che paga, poi entra; ed i suddetti.
Baron. Ecco una giovane ch’io conosco. (ad Arlecchino)
Arlecchino. La xe un tocchetto che consola el cuor.
Baron. Brava, mademoiselle Lolotte. Oggi voi siete delle prime.
Lolotte. La giornata è buona, non ho voluto lasciare di profittarne.
Baron. Permettetemi, mademoiselle, ch’io vi presenti questo cavalier forastiere.
Arlecchino. Servitor del so merito, e ammirator delle so bellezze.
Lolotte. Serva umilissima. (Che figura ridicola!) (da sè)
Baron. Via, fatele il complimento alla francese; abbracciatela. (ad Arlecchino)
Arlecchino. Che l’abbrazza?...
Baron. Sì, come si usa.
Arlecchino. Me vergogno.
Lolotte. No, no, non s’incomodi. Eh, io non sono amica di tai complimenti. (ad Arlecchino)
SCENA XV.
M. le Marepica, vecchio uffiziale gottoso,
sostenuto da due Soldati; e detti.
Marepica. Piano, piano, bestie, non mi storpiate.
Arlecchino. (Oh bello sto sior! nol se pol mover e el gh’ha voggia de vegnir al ballo). (al Barone)
Baron. Questi è un vecchio uffiziale, valoroso egualmente nelle imprese di Marte, che in quelle di Venere.
Arlecchino. Diseme, caro sior, xelo sta Marte, o xela stada Venere, che l’ha struppià? (a M. le Baron)
Baron. Credo vi sia dell’uno e dell’altro.
Marepica. Ehi! piano. Animalacci! datemi da sedere. (Un Soldato va a prendere una sedia, l’altro lo sostiene: gli portano la sedia, e siede. Soldati partono.)
Arlecchino. (Scherza con M. le Baron e mad. Lolotte a proposito dell’uffiziale.)