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IL GENIO BUONO E IL GENIO CATTIVO 99


spero non ci tenderanno di tali insidie. Sì, sì, andiamo a veder Londra, e poi ritorneremo al nostro paese... Ma non sarebbe meglio ritornar subito a casa nostra?... L’animo mi dice di sì. Ma sento una voce che mi dice di no. È curiosissima la cosa. Di qua sento dirmi di sì, di là sento dirmi di no. Animo, animo; ci vuol coraggio. Abbiamo il danaro, abbiamo gli anelli. A ritirarci vi è tempo, e divertiamoci ancora un poco. (parte)

SCENA XIII.


Recinto di tavole nel bosco detto di Bologna, dove si dà il ballo pubblico; al dissopra delle tavole si vedono i rami degli alberi che sono per di dietro, e qualche albero isolato si vede ancora nel recinto medesimo. In fondo vedesi una macchina preparata per fuochi artifiziali, ed isolata. Da un canto un bottegone di caffè e rinfreschi; dall’altro l’entrata del recinto, cioè un rastello1, come quello delle commedie che si apre dal Portinaro, all’entrare delle persone. Tutto è pieno all’intorno di sedie di paglia. L’orchestra del teatro figura l’orchestra del recinto.

Persone che vanno e vengono, fra le quali vi saranno tutti i ballerini in vari abiti, o di città, o di campagna. Chi va al caffè, chi passeggia, chi siede. Il portinaro è alla porta per aprire il rastello e riceve il danaro.

Arlecchino e M. le Baron pagano al rastello ed entrano.

Baron. Eccoci nel recinto dove si balla.

Arlecchino. Oh che bella cossa!

Baron. Ecco il caffè ed i rinfreschi per chi ne vuole.

Arlecchino. Pulito.

Baron. Vedete quella macchina?

Arlecchino. Oh bella!

Baron. E destinata pei fuochi artifiziali che si fanno di quando in quando. Oggi non è la giornata, ma un altro giorno li goderete.

Arlecchino. Oh che belle cosse!

  1. Così nel testo. Intendesi rastrello, ossia cancello: in dialetto veneziano restelo.