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88 ATTO TERZO

Roberto. Povera figlia! dite, che posso fare per voi?

Zelinda. Datemi il mio poco danaro, datemi la mia roba, per carità.

Roberto. E che vorreste voi farne?

Zelinda. Vender tutto, impiegar tutto, per liberare Lindoro1.

Roberto. Ed è possibile che non vogliate disingannarvi? che vogliate amarlo ostinatamente? perdervi per sua cagione? perdere l’amor mio, le speranze ch’avete sopra di me, la vostra pace, la vostra tranquillità?

Zelinda. Perderei me stessa per liberare Lindoro. (piange)

Roberto. (Che amore è questo! che costanza inaudita, che tenerezza, che fedeltà! Ed io sarò sì barbaro per oppormi ad un tal legame? Diffiderò che la provvidenza non sia per favorire un affetto sì puro, sì costante, sì virtuoso?) (da sè)

Zelinda. Eccomi a’ vostri piedi, signore.... (s’inginocchia)

Roberto. Alzatevi. (inquieto) In qual prigione è Lindoro?

Zelinda. Non lo so, signore.

Roberto. Chi l’ha arrestato? (inquieto)

Zelinda. La guardia ch’è destinata al Ticino.

Roberto. Quanto tempo sarà?

Zelinda. Mezz’ora appena.

Roberto. Sarà tuttavia alla gran Guardia.... Il capitano è mio amico. Ma che ha egli fatto contro mio figlio? lo ha insultato? lo ha ferito? lo ha maltrattato?

Zelinda. Nulla di ciò, signore, non ha che messo mano alla spada. Deh perdonategli questo giovanile trasporto. (vuole inginocchiarsi)

Roberto. Fermatevi. (Non ho cuor di resistere più lungamente). (da sè) Ehi, chi è di là?

Fabrizio. Signore.

Roberto. Andate subito alla gran Guardia. Riverite il capitano per parte mia, e se Lindoro è tuttavia in suo potere, ditegli.... Sì, ch’egli è il mio segretario, ch’io ne sarò risponsabile, e che mi rendo cauzione per lui.

Fabrizio. Sì signore....

  1. Ed. Zatta: per liberarne.