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72 ATTO TERZO

Facchino. Non signore; ma se volete averne notizia, ecco lì, vedete quelle due persone? Credo siano di casa, ed esse ve lo diranno.

Federico. Voi altri siete di casa di don Roberto? (a Zelinda e Lindoro)

Lindoro. Sì, signore, siamo stati al di lui servigio, ma ora non ci siamo più.

Facchino. Signore, io non ho tempo da perdere. Se volete che io porti il baule?....

Federico. (Son curioso di saper qualche cosa). (da sè) Vi ho detto la casa mia. Tenete il mio nome. Consegnate il baule al mio fattore, se ci è, e se non ci è, aspettatemi. (al facchino)

Facchino. Oggi è la giornata dei bauli, e dell’aspettare. (parte)

Federico. Voi dunque eravate in casa di don Roberto? (a Lindoro)

Lindoro. Sì signore.

Federico. In qual figura?

Lindoro. Di segretario.

Federico. E questa giovine? (a Zelinda)

Zelinda. Di cameriera di donna Eleonora.

Federico. Come si porta donna Eleonora?

Zelinda. Benissimo.

Lindoro. Scusatemi, signore, sareste voi per avventura il signor don Federico?

Federico. Appunto, come mi conoscete?

Lindoro. Oh la signora donna Eleonora vi ha nominato più volte, ella era impaziente di rivedervi.

Federico. Povera signora! Ha sempre avuta della bontà per me. Ma per qual ragione siete usciti della casa di don Roberto?

Lindoro. Vi racconterò l’istoria, signore....

Zelinda. Che serve andar per le lunghe? Vi è stata qualche picciola differenza; cosa di nulla. Ma noi non possiamo dolerci de’ nostri padroni, neè essi ponno dolersi di noi.

Lindoro. Signore, siamo due sfortunati. Eccoci qui senza impiego, e senz’appoggio veruno.