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GLI AMORI DI ZELINDA E LINDORO 53

Barbara. La vostra fisonomia, la maniera vostra civile, mi fanno credere che siate nato in uno stato migliore.

Lindoro. Signora... Son nato galantuomo, sono sempre vissuto da galantuomo, e questo è quello di cui ambisco vantarmi.

Barbara. Non sarebbe gran fatto che la fortuna contraria facesse un torto alla vostra nascita. Io sono nel medesimo caso. Io non era nata per professare la musica. L’ho appresa per puro divertimento, e la disgrazia del povero mio genitore...

Lindoro. E’ stato battuto, mi pare.

Barbara. Sì, andate a vedere chi è.

Lindoro. Vado subito.

SCENA XII.

Barbara, poi Lindoro.

Barbara. Quando mai si cangerà per me la fortuna? Di tanti adoratori che mi circondano, possibile che non ne ritrovi uno che pensi onorevolmente sopra di me? Il mio contegno dovrebbe pure far conoscere il modo mio di pensare, dovrebbe disingannare i male inclinati, e movere qualcheduno a levarmi da un tal mestiere, ed a credermi degna della sua mano.

Lindoro. (Eccola la mia Zelinda. Oh cieli! fate ch’ella sia ricevuta). (da sè in disparte)

Barbara. E bene, chi è?

Lindoro. E’ una giovane che vi domanda.

Barbara. La conoscete?

Lindoro. Non l’ho mai veduta.

Barbara. Sapete che cosa voglia?

Lindoro. Io credo venga ad offerirsi per cameriera.

Barbara. Può essere, perchè ho licenziata quella ch’avea, e mi sono raccomandata per averne un’altra.

Lindoro. Ma signora, se io ho l’onor di servirvi per cameriere, che bisogno avete voi di una cameriera?

Barbara. Sapete voi accomodare il capo?

Lindoro. No, veramente, non lo so fare.