Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1922, XXI.djvu/57


GLI AMORI DI ZELINDA E LINDORO 51

Flaminio. Se questo potesse essere...

Fabrizio. Sapete voi dov’egli dimora?

Flaminio. Sì, l’ho saputo per accidente.

Fabrizio. Ditemelo, e non dubitate.

Flaminio. L’amico suo, il suo paesano Giannino, l’ha collocato per cameriere in casa di certa signora Barbara cantatrice.

Fabrizio. So chi è, la conosco.

Flaminio. La conosco anch’io, ma non so ove stia di casa.

Fabrizio. Lo so io, lo so io. Anderò a ritrovarlo, e gli parlerò, e gli terrò dietro, se occorre, e farò tanto che mi riuscirà di saperlo.

Flaminio. Insegnami la casa della cantatrice.

Fabrizio. Non serve, signore, non serve che v’incommodiate. Fidatevi di me, lasciatevi servire, e vivete tranquillo. (E’ sciocco se crede ch’io voglia operare per lui.) (da sè)

SCENA IX.

Don Flaminio solo.

Il birbo non vuol insegnarmi la casa, ed io pazzamente gli ho nominato la persona. Dubito che continui a burlarsi di me. Ma non è difficile a rilevare la dimora della cantatrice. Andrò io stesso col pretesto di visitarla. Una virtuosa di musica non rifiuterà la sua porta ad un galantuomo, tanto più che ci siamo trovati insieme più d’una volta, e mi conosce. Voglio nuovamente parlare a Lindoro, voglio prevenire Fabrizio, e valermi del suo disegno, come egli si vale della mia scoperta. Amore non manca di mezzi termini e di ripieghi. È vero ch’io vado incontro alla collera di mio padre, ma egli non può sapere tutti i miei passi, e poi è troppo buono per non compatire una passione sì tenera e sì comune. (parte)