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GLI AMORI DI ZELINDA E LINDORO 49

Flaminio. Parlate dunque senza difficoltà.

Lindoro. Quel ch’io ho l’onore di dirvi si è, che il modo vostro di pensare fa torto all’educazione che avete avuta, fa torto a voi medesimo...

Flaminio. Mi vorreste fare il pedante?

Lindoro. Non signore. Parlo con la dovuta riverenza, e vi dico, che mancar di rispetto al padre.... Deh ascoltate pazientemente uno sfortunato che trovasi nel caso vostro. Io, signore, io stesso per secondare l’amore, la passione, o il capriccio, ho disobbedito mio padre, ho mancato al debito di rispettarlo, mi sono allontanato da lui, ed eccomi ridotto a soffrire la servitù, a soffrire l’avvilimento, il dispregio e la derisione. Ecco gli effetti della mala condotta. Prendete esempio da me, regolatevi nelle vostre intraprese, e compatitemi se ho avuto l’ardire di correggervi, e se ho la disgrazia di dispiacervi. (parte)

SCENA VIII.

Don Flaminio, poi Fabrizio.

Flaminio. Costui ha trovato la via di mortificarmi, senza ch’io possa trattarlo male. Mi ha detto la verità, mi ha convinto col suo proprio esempio. Ma le insinuazioni d’un rivale non vagliono a persuadere, e non sono in grado di cedergli tranquillamente il cuor di Zelinda. L’amo, e sono impegnato, ed ho il puntiglio per sopra carico dell’amore.

Fabrizio. (Ecco qui don Flaminio. Ho ancor bisogno di lui, e convien tentare di lusingarlo). (da sè) Signore...

Flaminio. Indegno! ardisci ancora di presentarti dinanzi a me?

Fabrizio. In verità, signore, mi fate torto.

Flaminio. Vorresti ancora inorpellarmi la verità?

Fabrizio. Ma qual verità?

Flaminio. Che! non ha parlato chiaro Zelinda?

Fabrizio. E volete credere ad una giovine innamorata che accusa tutto il mondo per coprir se medesima?