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s’introduce di contrabbando in casa del primo, vi ruba un orologio, lo vende e paga il pranzo ordinato. Tal è questa commedia uscita non so come dalla penna di Goldoni; ma, zitto, che se voi avrete l’imprudenza di confidare ad alcuno queste mie parole, potrebbe venirmi addosso un diluvio di rimproveri. Tutta volta io penso che gli uomini sommi sono uomini anch’essi, e Goldoni, quantunque sia il gran maestro che è, ha scritto anch’esso più d’una dozzina di commedie che non vorrebbero aver composte gli autori del Cholera Morbus e di Dante in Ravenna. Il pubblico ascoltò la commedia con indulgenza, grazie agli attori che la rappresentarono a maraviglia. E le attrici?... Oh! le attrici erano la brava Antonietta Robotti e la gentile Adelaide Ristori giovani entrambe come voi, belle come voi e non pantere come voi...".

Questa farsetta, come la chiamava l’autore nel 764, composta per il passatempo d’un teatrino di villeggiatura, non aveva la forza di resistere sul teatro pubblico: il Goldoni tentò di sbozzarvi qualche carattere, come quelli di Gottardo e di Placida, i due novelli sposi in continuo litigio, l’uno avaro e ostinato, puntigliosa e sospettosa l’altra; o come quello del chiacchierone e importuno Agapito: ma è vero che le prime scene stancano, e quando l’azione corre un poco, la commedia abbandona i caratteri e si regge sull’intreccio. Commedia d’intrigo la dice pure Alamanno Morelli, ma ha il torto di ricordarla accanto al Ventaglio come "saggio imperituro" del genere e di rievocare le grandi ombre di Molière, di Regnard, di Beaumarchais (Note sull’arte drammatica rappresentativa, Milano, 1862, p. 96). Niente fusione, niente vivacità, niente novità. L’unico profilo che ci resta nella memoria è proprio l’oste "cerimonioso" della Fortuna, ma lo ritroveremo nella commedia veneziana che fin d’ora ci attende.

G. O.






La Burla retrocessa fu stampata la prima volta nei t. VIII della ed. Zatta di Venezia, nel 1789; e fu poi riprodotta nelle edizioni di Lucca (Bonsignori, t. VIII. 1789), Livorno (Masi, t. XIV, 1790), Bologna (Stamp. di S. Tommaso d’Aquino, 1791), e di nuovo a Venezia (Garbo, t. VIII, 1795). - La presente ristampa segue con fedeltà il testo dell’ed. Zatta, esemplato sul manoscritto dell’autore, da cui tutte le altre ristampe procedono.