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’64, il Goldoni stava preparando due farsette per il marchese Francesco Albergati Capacelli, promesse nel dicembre precedente (Spinelli, Fogli sparsi del Goldoni, Milano, 1885, p. 60), anzi nell’ottobre del ’62 (Masi, Lettere cit., p. 186), da recitare, come già il Cavaliere di spirito e come l’Apatista, nella solita villeggiatura di Zola, presso Bologna (Lettere, p. 243). Per la seconda farsetta il nostro autore si giovò dello scenario compiuto allora e ne formò, come pure fece per l’Amor paterno, per il Matrimonio per concorso, per la trilogia di Zelinda e Lindoro, per il Ventaglio, una commediola di carattere giocoso e comico. "Sarà in cinque atti" scriveva sulla metà d’aprile al Marchese, "ma non le faccia specie la quantità degli atti, perchè sono sì piccioli, che la commedia durerà poco più di un’ora, e la divisione è necessaria per non far scene vuote. La prevengo solamente, che vi sarà bisogno di due camere, cioè basterà alzar un tendone, ossia prospetto, per passare da una camera all’altra. Se questa cosa non si potesse fare, o l’incomodasse assai, si potrebbe calare il sipario alla fine di un atto, cosa che si accostuma in Francia, anche nelle Tragedie, ma in Italia non si usa; però si potrebbe tollerare in un divertimento particolare. La ragione di questo cambiamento si è, perchè si deve vedere un pranzo al dessert per non tediare con un pranzo intiero: ella troverà il modo facile per supplire a questa picciola difficoltà" (I. c., 247).

La farsetta che si intitolava La burla retrocessa nel contraccambio, in pochi giorni era bell’e finita, e il Goldoni l’ultimo di aprile ne faceva la spedizione in Italia, aggiungendo questi altri avvertimenti all’amico bolognese, amante del teatro e della recitazione fin dalla prima giovinezza: "Questa non è commedia di carattere, com’ella vedrà, ma è commedia giocosa; della condotta e della verisimiglianza mi pare di esser contento. Le parti principali sono Gottardo, Agapito e Placida. Questi due personaggi maschi non mi paiono buoni per Lei. Roberto, che è l’amoroso, è poca cosa. Sa ella che parte io darei a S. E. il S.r Senatore Albergati? La parte dell’Oste. Un oste al primo amoroso della Compagnia? Majani, Falchi non lo farebbero. Ma il primo amoroso della Compagnia di Zola, può essere lo farà. Ella lo conosce questo primo amoroso, glielo dica, e lo persuada, poichè l’oste mi pare il personaggio più comico della commedia, e son sicuro, che solamente alla prima uscita l’oste farà ridere assolutamente. Credo che otto personaggi non siano troppi. Non conto un vero personaggio, che è un garzone di caffè" (I. c., 251).

Se la Burla piacesse all’Albergati, se piacesse allo scelto pubblico bolognese che assisteva alle rappresentazioni di Zola, non si apprende dallo scarso epistolario goldoniano: tanto più che il Goldoni, affaccendato per i teatri di Parigi, di Venezia e di Lisbona, lasciò correre due mesi e mezzo, dalla fine del maggio alla metà d’agosto, senza più scrivere al suo amico e protettore; e delle lettere del Marchese nulla ci resta.

Solo sappiamo che dentro l’anno, per compiere il numero delle sei composizioni promesse a S. E. Vendramin per il teatro di S. Luca, il Goldoni riprendeva fra le mani lo scenario della Dupe Vengée e su quell’umile ordito ritesseva una lunga e lieta commedia in dialetto veneziano col titolo I Chiassetti del carneval o sia Chi la fa l’aspetta; e la mandò all’amico Sciugliaga, che del felice arrivo dava notizia al Vendramin ai 3 gennaio 1765 (Mantovani, C. Goldoni e il Teatro di S. Luca, Milano, 1885, p. 230).