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350 | ATTO QUARTO |
raggio d’aggiungere la calunnia alla falsità, all’impostura? Basta così: non vo’ sentir altro. Vi conosco abbastanza. Prenderò il mio partito. Mi farò render giustizia, e voi, e voi... Lasciatemi stare, che non posso più tollerarvi, (parte, e va in camera)
SCENA IV.
Gottardo, l’Oste e i Garzoni.
Gottardo. Veramente la bile e lo stordimento in cui sono, mi ha fatto avanzare a mia moglie una proposizione ingiuriosa. Non la credo capace di tanto, ed ha ragione se si scalda; ma anch’ io non ho torto, se mi do al diavolo per una cosa di questa natura.
Oste. Signore, veda se nel suo armadio vi è tutto quello che a lei appartiene.
Gottardo. Non vo’ veder niente. Lasciatemi stare.
Oste. Io ho preso la roba mia.
Gottardo. Sì signore.
Oste. Permette che la mandi a casa?
Gottardo. Fate quel che volete.
Oste. Figliuoli, andate, e consegnate ogni cosa alla padrona. (Garzoni partono)
SCENA V.
Gottardo e l’Oste,
Gottardo. (Ho dei sospetti, ma non ne posso verificare nessuno). (da sè)
Oste. Signor Gottardo, servitor umilissimo.
Gottardo. Schiavo suo.
Oste. Scusi di grazia.
Gottardo. Cosa c’è?
Oste. Mi favorisca trenta paoli, se si contenta.