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LA BURLA RETROCESSA 337

Costanza. (S’ella da me dipende, ne siete certo). (piano a Roberto)

Agapito. (Come va, signor Roberto?) (piano a Roberto)

Roberto. (Benissimo, che non può andar meglio). (piano ad Agapito)

Pandolfo. E così, signor Agapito?

Agapito. Vado subito. Con permissione di lor signori. Animo, figliuoli, sparecchiate la tavola: mettete tutto dove vi ho detto, ed aspettatemi che mangerete anche voi. (ai servitori)

Garzone. Signor Agapito, siete voi che paga il caffè, o lo pagherà il signor Gottardo?

Agapito. Lo pagherà il signor Gottardo. (parte)

Garzone. (Riprende le sue tazze, e parte.)

SCENA III.

Pandolfo, Costanza, Roberto, Leandro, Servitori. I Servitori sparecchiano la tavola a poco a poco; mettono le posate in una cesta, la biancheria in un’altra, e tutto chiudono nell’armadio.

Pandolfo. Io anderei a casa assai volentieri; ma son curioso di sapere cosa sia di queste genti, che non si vedono.

Roberto. E ancora presto, signore. Frattanto che torna il signor Agapito, il signor Leandro, che è un giovane di talento, ci farà sentire qualche cosa di buono, qualche cosa del suo.

Leandro. Oh io non ho niente che sia degno di esser sentito.

Roberto. Eh sappiamo chi siete, conosciamo il vostro genio poetico, e so che il signor Pandolfo è di buon gusto, e so che gli farete piacere.

Pandolfo. Sì certo, mi piace la poesia. Ammirerò volentieri la sua virtù.

Leandro. In verità, signori...

Roberto. (Andate, andate, divertitelo, che ho bisogno di dir qualche cosa). (piano a Leandro, accennando a Costanza)

Leandro. (Lo farò per compiacere l’amico). (piano a Roberto)

Roberto. Sediamo, che staremo meglio. Là, signor Leandro, vicino